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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Giacomo Morbiato – Teresa Franco, La lingua del padrone. Giovanni Giudici traduttore dall’inglese

[ Rubbettino, Soveria Mannelli 2020 ]

Lo studio di Teresa Franco contribuisce a delineare un quadro sempre più chiaro della pratica traduttiva, così fortemente implicata con le ragioni della sua poesia, di uno dei massimi poeti italiani del secondo Novecento, Giovanni Giudici. In particolare, esso dialoga implicitamente con un altro studio recente (di Sara Cerneaz, L’«Onegin» di Giovanni Giudici, 2018) da una prospettiva complementare: non un taglio strettamente metrico e filologico, finalizzato all’interpretazione di una singola opera, ma un approccio insieme storico e poetologico, che però non disdegna la lettura ravvicinata dei testi. Il volume si propone infatti come una storia delle traduzioni poetiche dall’inglese realizzate da Giudici nel ventennio che va dalla metà degli anni Cinquanta alla metà dei Settanta – lo stesso periodo nel quale si definiscono le coordinate del suo lavoro poetico –, anche se il rovello correttorio del traduttore comporta numerosi sconfinamenti in avanti. Dopo due incontri fondativi (Eliot, Pound), entrambi destinati a lunghe ripercussioni, l’attività traduttiva del poeta ligure si snoda attraverso le fasi di una crescente professionalizzazione: dai primi tentativi su rivista (Peter Viereck, Richard Wilbur, Karl Shapiro) all’amichevole e fruttuosa collaborazione con Vanni Scheiwiller (Milton, Dryden, Hopkins, Lowell, Graves, Crane, Dickinson) fino ai libri d’autore licenziati per Einaudi (Frost) e Mondadori (Ransom, Plath).

L’indagine sui nessi, fittissimi, fra lavoro traduttivo e ricerca poetica muove dall’individuazione di alcuni concetti-guida, primo fra tutti quello di errore, mediante il quale si riconosce la radice comune ai due ambiti nell’esperienza dello straniamento linguistico e, quindi, conoscitivo. All’errore si connette la nota metafora della lingua strana, mentre l’inglese è lingua del padrone americano, codice in cui si deposita un rapporto ambivalente, misto di at- trazione e di critica, con il mito dell’America negli anni della guerra fredda. Si deve infine a Eliot, con il soccorso decisivo della mediazione montaliana, l’adozione della categoria di “poesia metafisica” come bussola capace di guidare molte scelte del traduttore, da Donne a Dickinson, da Hopkins a Crane.

Fatte queste premesse, la ricostruzione storica di Franco si muove lungo due linee distinte ma intrecciate, indagando testi e contesti. All’analisi testuale, nello specifico soprattutto metrica e lessicale, spetta di verificare, talvolta attraverso il coinvolgi- mento fruttuoso di strati redazionali finora ignoti, i progressivi acquisti del traduttore in un confronto con l’originale che spesso dura decenni, come anche di mostrare i modi concreti dell’interconnessione tra versi tradotti e versi in proprio. Hanno così modo di chiarirsi le diverse accezioni dell’errore, dal travisamento puro e semplice all’errore interpretativo con cui il traduttore si appropria del testo di partenza. Il vero punto di forza del libro risiede però forse nella cura con cui sono ricostruiti i singoli contesti – fatti di rapporti editoriali, di relazioni di amicizia, di letture poetiche e critiche – in cui ciascuna traduzione prende corpo e si modifica nel tempo, restituiti con precisione anche grazie al massiccio ricorso a fonti d’archivio (i taccuini di Giudici e numerosi carteggi). Hanno così modo di emergere influenze determinanti – come quella di Montale nel caso del Mauberley poundiano – e condizioni di lavoro peculiari, come quelle determinate dall’amicizia, nella Roma di metà anni Cinquanta, con i poeti statunitensi Viereck, Wilbur e Shapiro, frequentati lavorando presso l’agenzia d’informazione USIS. Soprattutto, collocando le versioni di Giudici nel più ampio contesto della ricezione italiana di questo o quel poeta, Franco ottiene una migliore comprensione delle scelte operate dal traduttore riuscendo nel contempo ad aggiungere qualche tassello a una storia letteraria e culturale più ampia che è quella dei rapporti tra lettori e produttori poetici italiani e poesia in lingua inglese moderna e contemporanea.

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